Incredibile ma vero, il caldo sta sopraffacendo anche me. Ciò significa che i comuni mortali qua intorno boccheggiano. Non sarebbe nemmeno un problema, se non possedessi che un umile portatile i cui tasti rimangono incandescenti anche di notte. L'idea era di darsi al tennis e non alla sauna, dunque, vista la prospettiva delle due settimane grammaticali prima della ventata d'aria pura di Perugia, mi sono attrezzata. Ho preso la macchina - e sottolineo -, ho preso la macchina in orario in cui soltanto mani d'amianto come le mie possono sfidare i 35° gradi esterni e mi sono procurata l'indispensabile ventilatore a piantana, nonché il "caffè-latte" freddo svizzero, quanto di più vicino in Italia al mokafrappuccino di Starbucks senza la panna (il che aiuta a capire quanto mi manchi Starbucks, perché un mokafrappuccino senza la panna non è di fatto un mokafrappuccino). Giunta a casa ho tentato invano di montare il nuovo acquisto, arrendendomi alla quarta vite. La meccanica mi è oscura, c'è poco da fare; tre ore più tardi le consuete mani caritatevoli in meno di quarto d'ora hanno montato il ventilatore anche senza due viti che, ovviamente, avevo già provveduto a perdere. E ora, sempre più Carrie ma orfana di New York, credo di poter affrontare le incandescenti notti grammaticali.Per una volta mi percepisco ottimista. Per quanto più lento di una tartaruga, il tempo è trascorso e finalmente sono le 20.52 del 30 giugno. Il ventilatore smuove l'aria, attenua il caldo e rende più lievi i pensieri. Gran cosa è la tecnologia!
