L'ultima volta che ho guardato Sanremo abitavo ancora nella casa in centro con la finestrella piccina piccina che dava sul giardino delle suore di clausura e sul campanile, un numero imprecisabile di anni fa. Frequentavo le elementari. Stasera, per Marchino e per Valerio sto tentando, ma credo che correggerò parecchi compiti, almeno. Delle edizioni della mia infanzia ricordo la noia e i tempi lunghissimi. La formula - mi par di capire - è sempre la stessa: mezz'ora di pre-introduzione, poi un'introduzione inutile, infine la prima cantante, un'Irene Grandi con i capelli paglia. La canzone mi suona anonima, ma - si sa - m'intendo men che zero di musica; mi attira maggiormente il palco futuribile, in stile planetario. Poi canta non canta Valerio, ovvero canta, ma non si capisce perché abbia scelto una canzone in cui non serve troppa voce: visto che ce l'ha, la usi. E poi scende Toto Cutugno. E non è video d'epoca. Stento a credere che dopo decenni sia sempre lì e sembra cantare e stonare la medesima canzone di sempre. Arriva Arisa e canta una sigla dei cartoni animati, probabilmente la scelta verrà premiata. Segue la pubblicità, poi Cassano e un altro simil video d'epoca con Nino D'Angelo che canta: mai tollerati i suoi film nemmeno da infante, canzoni comprese. E' ancora lì che si agita, sembra molto arrabbiato, non mi è chiaro con chi ce l'abbia.
E' dura aspettare Marchino. Rapidi, grazie! C'erano motivi validi per cui ho saltato le ultime venticinque edizioni del Festival.
Ecco Marchino, finalmente! La canzone almeno s'affronta, è costruita su di lui, cantabile solo da lui e lui è eccezionale. Come al solito.
Via, 22.24. Me la sono cavata con poco, tutto sommato.
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