"La storia non è magistra
di niente che ci riguardi"
sostiene Eugenio il grande (Montale). E' quasi sempre vero per la grande storia, troppi gli errori comuni a tutte le generazioni. E' che ogni volta l'uomo riparte da zero, in troppi ignorano ciò che è stato e, appunto non conoscendo ciò che è stato (perché la storia non si studia e soprattutto non si capisce), tornano a cadere nelle medesime macroscopiche buche.
Per le piccole storie, le storie piccine di ogni giorno, se si è fortunati ci si affida a chi ci vuol bene, a chi ci ha visto nascere o a chi ci ha scelto; altre volte si impara a proprie spese, si offre il fianco se ne vale la pena e talvolta anche se non ne vale affatto.
Le ferite sulla carne e sull'anima scartavetrate ben bene dopo un po' si cicatrizzano, ma, certo, non scompaiono. La storia, la propria storia deve essere magistra di vita, siamo animali dotati di memoria e di intelligenza. Se poi, come me, si ha l'abitudine e il bisogno di affidarsi a protesi emotive di carta o digitali, dimenticare e non imparare diventa difficile.
Imparare è utile, però non fa la differenza.
E' più proficuo tornare nell'enclave nord europea a un passo dalla città, sul prato verde verde, dove l'anno scorso si è ballato sereni e felici a piedi nudi nel caldo di luglio, e sorridere e stare bene. Comunque.
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