Se anche un artista plastico (che decisamente ha impiegato meglio il suo tempo rispetto a me) definisce la scrittura come "l'arte più sopraffina", significa che è assolutamente vero. La musica ha qualcosa di ancora più magico, intangibile, impalpabile, illeggibile - è vero, ha ragione la Vale -, ma non è la scrittura. Di parlare, di esprimersi, di riversarsi verso l'esterno tutti o quasi hanno bisogno, coloro che sono più affascinati dall'arte sopraffina della scrittura leggono e - se sono egocentrici - scrivono. La scrittura è consolazione, premio e disastro al tempo stesso. La scrittura è talvolta ineludibile, per chiarire, per chiarirsi, ti permette e ti obbliga a trasformare pensieri, emozioni e sentimenti in qualcosa che esiste, che rivendica la propria esistenza, perché ti guarda dalla pagina. Una pagina scritta è un dubbio espresso e una decisione presa al tempo stesso, in qualche modo. Dopo averla scritta si prova sollievo comunque, perché quell'ineludibilità è uscita da te e sei libera di andare oltre di dedicarti ad altro con cui riempire il non senso. O il senso.
A volte si ha bisogno, invece, di pigiare tante cose, tanti impegni, si ha bisogno di camminare da un impegno all'altro, di concentrare la mente e il corpo in tanti diversi campi e luoghi, di cercare il senso o di riempire il non senso in tante troppe cose, dimenticando la pagina e il cursore. Temporaneamente.
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2 commenti:
eh già
eh già
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