giovedì 25 aprile 2013

La busta di plastica

Mi basta poco alla fine per mutare d'umore, mi basta una prenotazione nel posto giusto, nell'unico posto al mondo dove devo tornare, da dove non dovrei partire. Ma poi si deve ripartire, ogni volta, perché - si sa - vivere costa, realizzare i sogni costa e l'angolo di mondo che mi permette di tornare dove voglio è lo stesso che mi annoia. Alla fine un compromesso quasi accettabile, c'è di peggio.
Comunque, l'umore è mutato. Dal nulla. Grazie alle lacchine e ad una delle tante straordinarie idee di chi non mi fa mai sentire matta o stupida o fuori dal mondo.
Non sono di quelle che prende e va, ovvero potrei prendere ed andare, ma in verità - non so come funzioni per gli altri - nel momento in cui decido di prendere e partire, tempo meno di dieci minuti mi sono già fatta almeno dieci film di quello che intendo fare, dove intendo andare, di cosa intendo prenotare. E agisco. E colei che non mi fa mai sentire matta o fuori luogo (quando mi ci sento spesso), agisce anche più velocemente di me. E il viaggio comincia. Subito. Diventa reale perché reali sono le mail di conferma che arrivano. E, tante volte succedesse qualcosa alla posta, è bene stampare tutto. Tengo al mio sogno. Oggi finalmente ho stampato tutto, ho segnato tutto e ho preparato le buste per la cartellina. Lo scorso anno, ad ogni appuntamento olimpico, sfoderavo con orgoglio le mie buste e mi godevo compiaciuta lo sguardo e il sorriso di apprezzamento degli addetti ai controlli.
Dall'esterno, capisco che possa apparire una meticolosità da serial killer, quando invece rimango un'inguaribile disordinata e lo sono perché solo i dettagli davvero importanti meritano la busta e la cartellina.