lunedì 31 ottobre 2011

Speriamo


C'è poco da fare, ancora non ci viene bene. Ci siamo evoluti dal tempo della striscia in cui Linus scriveva la sua lettera al "grande cocomero", mentre si trovava chiaramente in un campo di zucche; ci siamo evoluti ma non più di tanto: ora, al posto delle zucche, illuminiamo le feste per i bambini con i lumini per i morti con l'immagine di S. Pio.
Almeno qui nei dintorni.
Speriamo nelle prossime generazioni.

sabato 8 ottobre 2011

Correlativi oggettivi


Dal 28 agosto fino a ieri, 7 ottobre, ogni giorno ho celebrato l'ultima giornata d'estate di questa never ending summer, che solo a tratti mi é dispiaciuta. Ho avvertito l'eccesso solo in due occasioni: la prima volta quando mi sono ritrovata all'aeroporto di Pisa con stivali, felpa, giacca lunga di pelle e 37° C; la seconda quando l'effetto serra delle finestre con sole battente unito all'effetto bue e asinello ha reso intollerabili le aule del secondo piano. Ma l'ho apprezzata lo stesso.
Ho scelto con particolare cura gli abiti, perché sarebbe forse stato quello l'ultimo giorno della stagione in cui poterli mettere; con altrettanto consapevole autocompiacimento ho indossato i completini estivi per giocare a tennis. Ho sempre trovato l'energia per alzarmi anche presto, uscire, andare a Firenze per visitare mostre, sedermi sulla coda del drago nel giardino dell'Orticoltura e mangiare, come omggio alla mia città, un gelato "chocolate fudge brownie" di Ben and Jerry (che laggiù avrei disdegnato); per camminare e fotografare Firenze e i suoi ponti. Ho indossato in casa e fuori casa le ciabattine leggere a quadrettini rossi, le uniche infradito che sia mai riuscita a portare.
Fino ad oggi.
Da ieri mi sto arrendendo alla necessità dell'autunno. Ma sbuffo.
Tanto il mio autunno l'ho già avuto ed era perfetto, perché in casa era caldo ed è per questo che avevo comprato le ciabattine a quadrettini rossi, perché i cieli erano meravigliosi e seduti al sole sulla chaise longue a righe bianche e verdi si aveva la sensazione di vivere il momento perfetto.
Lo ammetto: mi piacciono le stagioni, non vorrei abitare in uno di quei posti dove per tutto l'anno c'è sempre un sole stampato e la stessa temperatura. Voglio i nuvoloni neri e gonfi, i cieli multicolori, le sciarpe e, se vivessi in una città civile munita di sale e spalaneve, vorrei persino, una volta l'anno, anche la neve. Quindi, in definitiva, non chiedevo tanto, solo un'estate che durasse fino al 31 di ottobre, che dal 1° di novembre mi accendono il riscaldamento centralizzato.
E invece no, nemmeno l'effetto serra ha potuto tanto. E in queste case, infuocate o fredde, per coccolarmi fino all'ultimo il correlativo oggettivo della never ending summer - le ciabattine a quadrettini rossi - mi son già buscata il raffreddore.

giovedì 6 ottobre 2011

L'uom fatale


"Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,

muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale;
né sa quando una simile
orma di piè mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà."

Non Napoleone, naturalmente.
Steve Jobs è quel mondo, quella passione, quella voglia di vivere, di programmare, di inventare, di superare se stessi, di amare e di ispirare che è la parte migliore dell'umanità; quell'angolo di civiltà e di genialità che si reinventa sempre, che non si lagna ma agisce. Il divino che c'è nell'uomo, l'idea rivoluzionaria che cambia un'epoca ma anche il pezzo di carne che soggiace alla legge della fisica che trasforma la materia.
Pur non avendo mai comprato niente di originale Apple, vivo delle idee di quest'uomo io come gli altri, come quasi tutti, anche quelli che si dicono incantati solo dai paesaggi campestri e dal rumore del mare e non fanno caso alla poesia del portatile smilzo, liscio e colorato, al concerto dei tasti di plastica, alla magia della comunicazione immediata, all'ormai ordinario prodigio del pensiero che si fa battuta scritta, post.
Il genio è morto, le sue idee restano. Ma l'uomo Steve Jobs è vinto e cancellato. E la vita davvero mi appare sempre più come una meravigliosa merda che - per dirla alla Allen - "oltretutto dura troppo poco". Quando ti pare di aver capito, quando hai trovato un equilibrio accettabile, quando sei persino felice, e a volte anche prima, è il momento di salutare.