mercoledì 23 aprile 2014

Auguri, Will

Quattrocentocinquanta anni fa, forse nasceva William Shakespeare e siccome tutto è relativo, soprattutto il tempo, l'importante è scegliersi un giorno per festeggiare. E oggi potrebbe essere il quattrocentocinquantesimo compleanno di Shakespeare che, benché morto, quasi immortale lo è di sicuro, almeno per noi, per me. Io nella prepacked evacuation bag di Sheldon Cooper metterei il suo Amleto e molto altro su chiavina. Poi Shakespeare ha scritto per il teatro e questo me lo rende ancora più grande, immenso. In piedi, appoggiata al legno del palco del Globe Theatre ho vissuto momenti perfetti, consapevole della perfezione del momento, la felicità sentita.
La ricerca del momento ideale parte da lontano e presuppone spesso molta pazienza, ma in questo sono brava: mi muovo per tempo e so aspettare leggendo appunto Shakespeare. E quando dovevo scegliere dove accogliere la fiamma olimpica che passava lungo il Tamigi, d'istinto sono andata di fronte al Globe, il luogo ideale, speciale per un evento unico. Quando poi capolavori umani e ottimi attori sentono che è il momento per regalarsi Shakespeare, io sono certa che sia il momento esatto per regalarmi quello spettacolo. E lo sguardo di Jude alla fine della prima parte dell'Enrico V mi accompagnerà finché campo. Non mi andrà sempre bene, la statistica non è a mio favore, ma mi impegnerò più che posso, sempre. Mai mollare in questo ambito, sempre sperare, come mi ha insegnato la corsa apparentemente senza speranza, appena arrivata, e l'ora e mezza di fila nel 2009.
Non sempre si può avere ciò che si vuole e quindi oggi mi guardo un po' malinconica le foto della festa, molto molto molto lontana da qui. E mi leggo il Tito Andronico, aspettando maggio.
Varrebbe la pena vivere anche solo per poter leggere e vivere Shakespeare sul palco, non ho dubbi.