martedì 31 maggio 2011

Urla e dintorni

Visto che tutti hanno il diritto di impazzire, allora ho provato a farlo anch'io. Ho urlato contro chi se lo meritava, ho urlato come una matta, volendo urlare e concentrando in quell'urlo la rabbia di giorni, di mesi, di anni, riversando sul malcapitato (meritevole del gesto, sia chiaro) un bisogno ancestrale di sfogo, dopo giorni, mesi, anni di eccessiva comprensione e toni pacati.
E ha funzionato, mi sono subito sentita molto meglio.
Ma non mi si parli di gesto inconsulto. I matti sanno benissimo ciò che fanno e ne godono assai mentre lo fanno. Io ero consapevole del mio urlo, l'ho visto arrivare, l'ho sentito, l'ho contemplato soddisfatta e l'ho visto riflesso nel volto allucinato del malcapitato.

martedì 24 maggio 2011

Scacco matto

I matti hanno in pugno il mondo e lo tengono in scacco (matto).
Sbraitano, si agitano, prendono decisioni irrazionali, hanno e soprattutto potrebbero avere scatti inconsulti, pericolosi e allora tutti giù a comprendere, a provare pena, a convincere, a convincersi, a farsi convincere di dover provar pena, di dover soprassedere, di aver pazienza. Quando, a contrario, sono i matti gli unici davvero liberi di poter essere ciò che vogliono, chiusi forse nella loro maschera di follia ma liberi di tiranneggiare chiunque dovunque e comunque senza dover fornire spiegazioni, quelle, così come la comprensione, le lasciano agli sciocchi che si ostinano a pensare troppo, che si trattengono, che hanno (troppe) remore.
Inno, dunque, alla pazzia: vera astuta vincente tattica di vita.

domenica 22 maggio 2011

Le sere di maggio


Le sere di maggio calde, colorate, sorridenti, affollate, illuminate, compresse tra piante peudozanzara repellenti e vero condominio per vespe accoglienti riescono bene, tuttavia - credetemi - riescono ancora meglio staccando la spinta all'impianto stereo del palco ed eliminando atroci canti di quelli che - ti dicono - dovresti anche accompagnare (e che nessuno sano di mente mai accompagnerebbe) con le mani in alto che ondeggiano in cerca di qualcuno o di qualcosa che le liberi dalla musica che sta lentamente uccidendo il cervello che le obbliga muoversi.

lunedì 9 maggio 2011

D'in su i veroni del materno ostello



Malgrado si rivendichi da più parti la mia adozione, ho una bella famiglia e soprattutto un clan numeroso e godereccio. Da piccola mal sopportavo l'ennesimo matrimonio-comunione-cresima con i lunghi pranzi seduti. Pian piano però ci siamo evoluti: salto spesso le cerimonie, i pranzi non sono più solo seduti, i cuochi sono diventati sempre più raffinati, abbiamo inglobato nel clan anche rinomati gelatai e le cene sono diventate occasione per condividere luoghi e tempi della memoria, per fermarsi un attimo a contemplare la vita che scorre, bloccarla in una foto, in una cena, in una chiacchierata.
E ritrovarsi tutti insieme a Badia a Pacciana, luogo mitico della mia infanzia, dove tutto pare essere iniziato o almeno dove si perde l'albero genealogico del ramo pistoiese è un po' questo e un po' una puntata speciale di un telefilm tanto amato vent'anni dopo.
Badia non è nemmeno un paesimo, è una badia, un'abbazia circondata da vivai: un campanile, un chiostro, delle scale, un verone, quattro porte, un forno, il portichino circondati dal nulla, da minuscole strade tutte uguali con le fosse ai lati e i vivai intorno. Vivere lì per me sarebbe inconcepibile e, in effetti, non ho mai vissuto lì, non ho mai giocato nemmeno da piccola su quel verone, dove però la mia mamma e i miei zii hanno urlato, hanno riso, hanno pianto, sono stati bagnati dall'ennesima secchiata d'acqua della vicina intollerante ai bambini. E ogni anno, ad ogni settembre, in occasione della festa, in pellegrinaggio lì sono stata portata anch'io e ogni anno ho ascoltato i racconti dei giochi sul verone, del forno acceso a turno, dell'acqua che era a cento metri da casa, al portichino, della fortuna di avere il bagno in casa, della scuola accanto alla chiesa, della porta dove abitavano la bisnonna Bianca, la nonna Rosanna, lo zio Nardino e la zia Clara, dove la mia mamma veniva a farsi fare le trecce prima di andare a scuola.
Ieri mi sono regalata alla malinconia del ritrovarsi tutti grandi con i tavoli tondi nel centro del chiostro, a festeggiare due fortunati che stanno insieme da più di cinquant'anni, a tornare ad essere non io, ma a tratti "la figlia della Lori", a tratti "la nipote della Rosanna" e talvolta la professoressa dal nome impronunciabile che pare polacco: perché tutto il paese (con cui ho infinite relazioni di parentela che ignoro) naturalmente era lì con noi con l'abito della festa.
E ieri, di nuovo, le bambine con i fiocchi bianchi nei capelli e i boccoli hanno accompagnato tutte emozionate i loro bambini ormai parecchio cresciuti sotto il verone per il rito della novella dei tempi che furono.

domenica 1 maggio 2011

Quanto


Anche quest'anno niente colazione in Palazzo Vecchio alle sei. Prima o poi mi riuscirà, spero. Ho già preso accordi per la Notte Bianca del 2012 - son persona previdente, io - e faccio affidamento sulle paste ancora calde ordinate da Matteo.

Quanto ai treni, c'è invece solo da sperare e da munirsi di biglietto regionale con largo anticipo. A Pistoia, infatti, non si fanno biglietti dopo le 20 e le macchine addette all'emissione elettronica non funzionano; corri a Prato e provvedi, non volendo, per punto preso, regalare alle ferrovie 5 euro di maggiorazione sul biglietto su un totale di 6. Naturalmente il treno delle 00.25 da Santa Maria Novella arriva all'una e venticinque tra applausi, fischi e diti medi alzati.
A dieci giorni dal rientro da Londra, il paragone si impone devastante. Come sempre.