domenica 10 gennaio 2010

Till Fellner

Passa da Pistoia un pianista classico di fama internazionale e non si può non andare. A Pistoia arriva poco o niente, come passa, fa scalo, si riposa qualcuno o qualche evento, si è in qualche modo obbligati ad andare, perché, certo, quel qualcosa o qualcuno ti interessano, perché quello c'è, perché non omaggiarlo sembrerebbe quasi un assecondare il quasi niente che di solito impera, perché ci tieni ad evitare una figura vergognosa alla tua città; come nel dicembre 2008, quando al concerto di Danilo Rea il teatro era quasi deserto.
Stavolta invece, certo avendo relegato Till Fellner nel convento di S. Domenico con un duecento posti appena (se ci sono), la figura è evitata. Till è perfetto, teutonicamente perfetto, nel suo Beethoven; persino bello, il che non guasta mai; forse, se fosse stato presentato da uno degli organizzatori, sarebbe risultato un po' meno teutonico e lontano. Sorride, è educatissimo, accenna inchini più e più volte, percorre la sala, esce dalla porta principale e poi rientra per prendersi tutti gli applausi che merita (visto che non esistono sipario o quinte). E' timido ed educato, nessuno gli offre un microfono per ringraziare anche soltanto in inglese, non ci sono microfoni in giro, se non quello per il pianoforte, quindi, dopo i ripetuti applausi e il bis, tra sorrisi e inchini, silenziosamente se ne va.
Speriamo che torni, ecco. Io non tornerei, dal momento che, come alternative nella mia agenda, ho Vienna, Londra, Toronto, Tokio, il Mostly Mozart Festival di New York (proprio quello delle felpe di Bruno Martelli in Fame).

Nessun commento: