sabato 13 settembre 2008

Credenza e attese (o attese della credenza)


La gestione del tempo mi ha sempre affascinato, so praticamente sempre, eccetto quando dormo, che ore sono. Anche in classe so sempre quando sta per suonare la campanella e faccio in modo di concludere esattamente per la fine dell'ora. Non faccio fatica, mi viene naturale. Comprendo perfettamente la teoria di Will in About a boy sulla suddivisione mentale della giornata in "unità di tempo". Mi piace arrivare con netto anticipo in qualunque luogo per godermi una buona colazione nella pasticceria che ho eletto a mia preferita tra quelle a disposizione; ho sempre dietro, alla Rory Gilmore, un libro o alcune pagine da leggere, compiti da correggere e l'immancabile cellulare: le attese o meglio i momenti di transizione sono perfetti per spedire messaggi o rispondere a messaggi; sono angoli di tempo da dedicare a chi vuoi. Invece, le attese vere, quelle durante le quali non puoi fare altro che aspettare proprio non le reggo. E alcune attese non puoi evitarle. Dopo due anni ho finalmente comprato due comodini, un cassettone e una credenza. Ho genitori formidabili, dei veri professionisti nell'arte di montare mobili e sono anche molto disponibili, nonché veloci compatibilmente - è ovvio - con il tempo minimo necessario per mettere insieme tutti i pezzi. Al terzo pomeriggio di montaggio mobili in una settimana scarsa l'afa ha raggiunto livelli devastanti, non la temperatura ma proprio l'afa, la noia. Scontatamente ho potuto dedicarmi ad altro o quasi durante il montaggio, tanto non sarei stata di alcuna utilità, eppure già alla fine del montaggio del secondo mobile ne avevo abbastanza. Il risultato è stato grandioso, ma - come al solito - non ho alcuna capacità di attendere: nella mia testa le cose si dovrebbero montare o risolvere in un schiocco di dita o poco più, oppure le risolvo io spesso scegliendo consapevolmente il disastro. Eppure il disastro è sempre meglio dell'attesa. Durante colazioni, pranzi e cene ho guardato Sense and sensibility di Ang Lee compresi, ovviamente, le versioni con i commenti degli addetti ai lavori. Emma Thompson, che deve appartenere alla mia categoria degli incapaci nella gestione delle attese, più volte sottolinea come la vita delle donne tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento fosse intollerabilmente un'attesa continua: non potevano lavorare con poche eccezioni, non potevano prendere iniziative se non minime, non potevano proporsi, non potevano esprimere idee e sentimenti; dovevano attendere di ricevere visite, dovevano attendere che qualcuno decidesse di sposarle, dovevano attendere le decisioni dei genitori prima e dei mariti poi, dovevano attendere sempre e comunque, in silenzio o poco più, oltrettutto spesso ricamando. Per me che sbuffo per un mobile un incubo.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Dall'esame accurato della credenza mi accorgo che: 1. Non hai messo la tazza romana che t'ho regalato per Natale. 2. Hai messo quella mia foto orrenda, per quanto emblematica, che ogni volta contesto.
Però è molto bellina, mi garba. E apprezzo tutti i film esposti.
Ora mi metto a studiare anche i bigliettini. Eh eh.

steficab ha detto...

La collocazione delle tazze non è ancora definitiva, così come quella delle foto, sebbene debba ammettere che quella tua foto in particolare mi piaccia e mi ci piaccia parecchio. I dvd hanno invece un assetto praticamente definitivo. Di bigliettini non ce ne sono, anche perché c'è la bacheca lì di fronte con tutti i biglietti, compresi quelli di "Umbria Jazz 208".

steficab ha detto...

Ah, qualche tazza, tipo quella romana natalizia, è anche in giro esposta in cucina.

Anonimo ha detto...

Osservando meglio la foto poi mi son resa conto che quelli che mi parevano biglietti erano cartoline (Van Gogh e?). Comunque la mia foto al pc mi fa tanto ridere. E' così assurda.

Anonimo ha detto...

Bellissima la credenza,sarà piacevole spolverarla!
PS. Il biglietto incorniciato da sfumature di fucsia è il mio? Avrei bisogno di una lente di ingrandimento ma qualcosa riconosco. Bello anche il contrasto con il verde della parete.

ilgrandevuoto ha detto...

per stef: io non so mai che ore sono. E l'altro giorno mi sono dato a "six feet under". Niente male.

per gaia: "da un esame accurato..."??? STAI CAZZO

per loculo: ma l'accento è sulla "O" o sulla "U"??

Anonimo ha detto...

IGV: eheheheh. quanto sei scemo.